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L’AITERIA CARATTERI E I SUOI CARATTERI


Il materialismo classico, monista e riduzionista, ammette un’unica realtà cosmica: la materia. Tutto sarebbe ad essa riducibile, compresi i sentimenti, la musica di Mozart e Beethoven, la pittura di Botticelli e Leonardo, la poesia di Leopardi e di Emily Dickinson. L’αϑpm nasce come rivolta filosofica a questa rozza visione. La materia, secondo Tamagnone, non è “sola” nell’universo, c’è almeno (ma sempre nell’immanenza e mai in un fantasticata Trascendenza!) almeno una seconda realtà che si offre alle persone sensibili (e non sono certo quelli che vanno a Lourdes a chiedere miracoli!): si tratta dell’aiteria. Una realtà pluralistica com’è la materia, foriera di sentimenti alti e particolari che concernono la bellezza, la bontà d’animo, la conoscenza, il senso della natura, la gioiosità e la giocosità. Tutti sentimenti che con la materia non c’entrano nulla, poiché, anzi, per reggere la selezione naturale e sopravvivere, a volte serve insensibilità e crudeltà. L’aiteria è dunque una seconda realtà inutile quanto sfuggente, ma che le persone sensibili sono in grado di intuire, percepire e persino elaborare.

L’aiteria e i caratteri dell’abmozione

Dell’aiteria abbiamo già detto alcune cose generiche, e in effetti è Tamagnone stesso ad ammettere che di essa si dà solo intuizione e mai cognizione, com’è per la materia. La ragione è molto semplice: per rilevare e per valutare le masse e le energie, nonché le quantità e i tipi di particelle costituenti un aggregato, noi costruiamo strumenti, con sensori e contatori computerizzati che possono registrare “oggettivamente”. Nelle abmozioni aiteriali invece è tutto “soggettivo”, legato all’individualità, che nel mondo arcaico è ideologicamente negata e nel mondo massificato-consumistico post-moderno è diventata rara.

Il filosofo ribadisce ad ogni passo che l’aiteria è, come la materia, pluralistica. Allo stesso modo in cui questa si fonda su nove particelle-base (quark up, quark down, elettrone, neutrino, fotone, gravitone, gluone, bosone nucleo-debole e bosone di Higgs) così l’aiteria dovrebbe avere elementi che però ci saranno sempre ignoti, poiché l’idema ha facoltà soltanto intuitive e non cognitive. La ragione le ha, potendo analizzare, logicizzare e calcolare, ma accede solo alla materia.

Tamagnone sostiene che l’aiteria a noi si offre con alcune specificità in certi tipi di esperienze, premesso che ognuno di noi esperimenta principalmente materia e che dell’aiteria intuiamo l’esistenza solamente in rari momenti. Quelli in cui le circostanze e la nostra disposizione mentale sono favorevoli alle abmozioni. La forma più riconoscibile di essa avviene nella fruizione estetica, ma anche negli affetti, nell’amore (che il filosofo vede essenzialmente come donazione di sé) e nella compassione. Inoltre nel conoscere fine a se stesso, nella simpatesi con la natura, nella gioiosità e giocosità spontanee.

Queste esperienze abmozionali si presentano con dei caratteri che ci permettono, ma con molta approssimazione, di identificarle. Egli scrive nel 2004:

L’aiteria (in quanto non legata a vincoli fisiologici) si offre a noi come libertà e qualità incondizionate, fondamentalmente basata sulla “diversità” e sulla “pluralità”. Dunque i suoi caratteri potrebbero essere teoricamente assai numerosi. Ma dell’aiteria, con tutta probabilità, la nostra idema percepisce ed elabora solo “qualcosa” compatibile con essa.Quindi dobbiamo limitarci a individuare ciò che ci concerne, vale a dire ciò che di essa “si dà” alla nostra intuizione. E noi possiamo individuare soltanto cinque caratteri presuntivi dell’aiteria, che nella nostra esperienza si offrono come categorie esperienziali. Li ho chiamati: estetica, etica, gnòresi, cairèa e dhianasi. Noi possiamo infatti soltanto sperimentare rari momenti extrafisici, e sempre solo riconducibili a “nostre” categorie esperienziali-valoriali.

Necessità e libertà 2004, p.181.

Le ultime parole ci permettono di capire che le abmozioni offrono momenti privilegiati all’esistere umano e quindi dei valori esistenziali che ci portano fuori della banalità del quotidiano (mutuandone gli aggettivi da Heidegger: dell’esistentivo e a favore dell’esistenziale). Inoltre:

Noi, in quanto materia, siamo in grado di formarci soltanto un “immagine materiale” dell’aiteria e nulla di più, infatti i caratteri non sono altro che maniere mentali e linguistiche per darne indicazione. Le nostre esperienze idemali probabilmente riflettono (come può fare uno specchio) ciò che è l’aiteria, ma non sappiamo se e come ci mettano in contatto diretto con essa. In realtà, soltanto una parte delle esperienze idemali sono facilmente riferibili a uno solo di tali caratteri, mentre spesso si ha a che fare con una “fluttuazione di senso” [il filosofo immagina abmozioni etico-estetiche, gnoreo-estetiche, caireo-etiche, ecc.) a seconda del tipo di esperienza.

Ibidem.

Passiamo ora a vedere nel dettaglio tali caratteri aiteriali a noi accessibili:

Il carattere dell’estetica io lo vedo in tutte le esperienze che hanno a che fare con la produzione e la fruizione dell’arte in generale e di tutto ciò che si offre ai sensi con analoghe modalità [ammirare un paesaggio, un fiore, le nuvole, le onde del mare, ecc.] Mi riferisco in primo luogo a tutto ciò che si definisce "natura", nei suoi aspetti, spettacoli e suoni.
Il carattere dell’etica riguarda gli aspetti positivi del sentire e dell’agire umani nei confronti del prossimo, della comunità di appartenenza, della società in genere, delle istituzioni, degli animali, dell’ambiente, ecc. Utilizzo il termine per indicare le esperienze attive e passive che riguardano la sfera dei sentimenti e dei comportamenti in genere riferiti a singoli esseri viventi o a loro insiemi. Gnòresi e parola composta dal dittongo greco "gn" (iniziali di conoscenza) e da “òrexis“ (che vuol dire: desiderio, brama). Essa non si riferisce alla conoscenza “per“ o “in vista di “qualcos’altro“, ma è puro amore del conoscere in se stesso. Soltanto in questa forma si può riconoscere l’irriducibilità alla materia, che nella sua tendenzialità oggettivante presuppone invece sempre la conoscenza in vista del suo utilizzo per il raggiungimento di “fini” pratici.
Cairèa deriva da “kairô“ (che significa: mi rallegro, gioisco, sono contento, ecc.). La intendo come qualcosa di “irradiante”, non essere legata ad alcun stato mentale od attività distinguibili e determinabili. è uno stato di allegria e giocosità contagiosa per tutti coloro che ne vengono a contatto. Essa è molto rara ed emerge in modo quasi prodigioso per lo più in bambini e persone semplici, ma può interessare anche animali, con la capacità di tali soggetti di irradiare intorno a sé contentezza e giocosità.
Con dhianasi indico un gruppo di esperienze di tipo simpatetico nei confronti della natura in genere, di suoi aspetti animali o vegetali, di suoi fenomeni continui, periodici, ciclici o casuali, come pure di quegli aspetti dell’universo (corpi stellari) visivamente o strumentalmente percepibili. Le esperienze dhianasiche si caratterizzano per l’intuizione dell’aiteria in una sua dimensione globale e totalizzante, dove i singoli elementi si offrono perlopiù plurali e coniugati, anche se lo stimolo iniziale può essere singolo o localizzato.

Ivi, pp.182-183.

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